Meandro di San Valentino seconda parte

Sono pienamente consapevole del fatto che a Seattle la temperatura nel mese di febbraio è gelida, ma in questa storia Seattle godrà di un febbraio molto caldo … Si tratta di una finzione, dopotutto …

14 febbraio 2017

Giaceva lì con lei sul tappeto d’erba, tra i rami intrecciati, e respiravano lentamente entrambi mentre si riprendevano dall’intenso orgasmo. “Ti amo”, le sussurrò, sfiorandole la fronte con le labbra.

Lei si sollevò per guardarlo, con gli occhi dolcemente adoranti e le guance ancora arrossate. “Anch’io ti amo”, gli disse sorridendo, facendogli scoppiare il cuore per il brivido di felicità che gli si diffuse nelle vene in quel momento.

Quelle semplici parole pronunciate con dolcezza davano un senso alla sua vita, erano la forza trainante di ogni sua decisione, la luce che teneva lontani gli incubi dai suoi sogni. Lui non si sarebbe mai stancato di sentirsi dire queste parole, e anzi era ancora a dir poco stupito che lei fosse qui con lui, che fosse veramente sua. E lui la avrebbe tenuta stretta a sé, lo aveva giurato quando lei era piombata di nuovo nella sua vita, la avrebbe tenuta stretta a sé con ogni grammo della sua forza, con ogni suo respiro e con ogni mezzo.

La guardò fisso, ascoltò le sue parole semplici come il giorno e vi si crogiolò, le bevve avidamente da quell’uomo assetato che era. Assetato di lei, e affamato. A volte, quando erano lontani, lui si sentiva effettivamente defraudato di qualcosa che gli apparteneva di diritto, si sentiva come se gli fosse stato tolto un fondamentale diritto umano. Cazzo! Si meravigliò, travolto all’improvviso da una verità che ben conosceva e che riemergeva nella sua mente: non ne avrebbe mai avuto abbastanza di lei.

La sentì tremare tra le sue braccia mentre gli si strofinava sul collo. Sorreggendola dietro il capo,  afferrò la coperta leggera che Mrs Taylor aveva preparato per loro e gliela avvolse attorno. Anche se la serata era mite, non voleva che lei prendesse freddo ed era sicuro di non volere che lei si spostasse da lì.

Questi momenti dopo avere fatto l’amore li amava davvero tantissimo. Stare con lei in questi momenti serviva a placare ogni emozione contrastante, ogni voce che gli sussurrasse che lui non era ciò di cui lei aveva bisogno, non era ciò che lei meritava. Certo, lui non poteva negare che la sua pelle, morbida e sudata, nuda e pressata a lui, era la cosa più sensuale del mondo. Da quel cazzone che era, lei gli piaceva soprattutto quando era nuda, spogliata di tutto, dei vestiti, delle inibizioni e anche delle preoccupazioni.

Se avesse potuto le avrebbe evitato ogni dolore e preoccupazione, ma aveva imparato ormai che la sua esuberante moglie non era il tipo da tirarsi indietro davanti ad una sfida, che era coraggiosa nel modo più vero. Nonostante le sue insicurezze, lei aveva combattuto per lui, e qualche volta contro di lui, pensò con un sorriso ironico, ma aveva resistito ed era riuscita a liberarlo dal suo inferno e dalle sue sfumature, e spesso anche da quella fottuta merda che il suo mondo precedente aveva scagliato contro di loro. Diavolo, era veramente orgoglioso di lei, orgoglioso e innamorato, una combinazione assolutamente letale che lo aveva legato a lei indissolubilmente e lo aveva reso dannatamente grato in eterno.

Lei sospirò per la felicità e si spostò, accucciando contro di lui quel suo adorabile ventre lievemente rigonfio. Gli veniva quasi da ridere per il fatto che la parola adorabile faceva oramai parte del suo vocabolario, soprattutto in relazione  na donna nella sua vita, ma lei non gli era mai sembrata più bella di adesso, che poteva sfoggiare la sua piccola protuberanza sul ventre.

Era eccitato da quando si era iniziata a vedere quella piccola protuberanza, si sentiva come una dannata scimmia alfa sapendo che ogni bastardo Tom, Dick o Harry avrebbe capito che era stato lui a procreare questo bambino. Era la prova tangibile del fatto che si appartenevano reciprocamente,e dell’amore duraturo che li univa. In un primo momento aveva pensato che tutte queste cose le esprimesse l’anello matrimoniale. Poi, quando lei aveva iniziato a indossare il collare, lui aveva raggiunto nuovi livelli di soddisfazione nella consapevolezza che il collare la legava a lui Ma quella pancia, il suo bambino, aveva superato di gran lunga tutto questo.

E naturalmente, come del resto gli succedeva sempre con lei, lui non riusciva a tenere le mani lontano di lì. Gli piaceva enormemente stringerla a cucchiaio da dietro in modo da poter accarezzare la dolce rotondità del suo ventre, mentre fantasticava sul prezioso carico che lei stava facendo crescere per lui.

Che cazzo?! Sognava ad occhi aperti? Lei era la sua linfa vitale.

Non che tutto fosse piacevole, però. C’erano dei momenti in cui la sua natura dispotica e iperprotettiva lo spaventava a morte mentre meditava su come tenere al sicuro questo minuscolo essere umano, insieme con la moglie e Chris.

Ripensò all’ultima ecografia, quando la dottoressa Malone li aveva sorpresi con la sua consueta gentilezza chiedendo se volevano sapere il sesso del bambino. Fino a quel momento la cosa era rimasta come sospesa nella sua mente. Per lui era un bambino, né maschio né femmina, per quanto lo riguardava. Anche se lui pensava che fosse troppo presto per capire il sesso, almeno secondo la pila di libri sulla gravidanza che leggeva tutte le sere quando andava a letto, la dottoressa aveva detto che il bambino era in una buona posizione per poterlo capire, e che avrebbe potuto azzardare almeno un’ipotesi.

Ogni ecografia era come un’avventura per lui, e ne amava ogni minuto, ma si preparava con molta attenzione per l’esperienza strabiliante che avrebbero vissuto. Con la felicità arrivava anche la paura, una dualità di sentimenti contrastanti che sapeva di dover affrontare per tutto quello che gli era caro, e questa era una notizia che non era ancora preparato ad affrontare.

Infatti, se fosse stato completamente onesto con se stesso, il sesso del bambino era una questione molto importante, una questione davvero importantissima e si rendeva conto di quanto lo interessava. Non desiderava particolarmente un figlio dell’uno o dell’altro sesso, ma una femmina … Cazzo! Solo il pensiero di una figlia femmina lo faceva ricoprire di sudore e gli faceva digrignare i denti per il panico.

Le bambine sono così, così … fragili, pensò tra sé e sé, per esprimere con termini eufemistici il terrore che lo prendeva ogni volta che osava immaginare una possibilità del genere. Guardò la sua bella moglie e il suo viso si illuminò di un sorriso luminoso perché anche lei lo stava guardando, con gli occhi scintillanti di eccitazione per la prospettiva. Non riusciva nemmeno a dire di sì. La sua gola si era improvvisamente chiusa, stretta come un pugno, e sentiva che il cuore batteva tanto forte che avrebbe potuto uscirgli fuori dal petto. Lui annuì, nonostante la paura gli scorresse lentamente nelle vene, ma quello era il suo compito – rendere felice sua moglie. E nemmeno lo splendore del cielo notturno poteva essere comparabile ad Anastasia che sorrideva a lui, per lui, grazie a lui.

“Tutto bene allora”, disse la Dott. Malone con voce allegra.  “Vede, non si tratta di quello che posso vedere, ma piuttosto di quello che non posso vedere”. Aveva il viso rivolto verso lo schermo,  e lui avvertì un calo improvviso di pressione. In fondo si rese conto di saperlo già, nel profondo del suo cuore. Ma si era ostinatamente rifiutato di ammetterlo, perché se lo avesse fatto la cosa sarebbe stata reale e lui non si sentiva ancora pronto ad affrontarla.

Aveva pensato di avere un paio di settimane almeno, e poi un’altra ventina ancora prima di accettare di essere il padre di un angelo in miniatura che lui intuiva sarebbe stato proprio come la sua mamma. E, ne era certo, lei lo avrebbe comandato a bacchetta.

Con gli occhi della sua mente immaginava un mini principessa, che scuoteva i riccioli color cioccolato mentre guardava il padre dritto negli occhi, sorridendo per la consapevolezza – assoluta – di poterlo rigirare come voleva. Lei lo avrebbe sfidato con quei suoi meravigliosi occhioni blu e lui non sarebbe riuscito a impedirle di fare cose impensabilmente pericolose, come salire le scale o saltare giù dal bancone della cucina, e gli sarebbe venuto un infarto. Oh, sarebbe stato del tutto in suo potere!

Torna in te! ordinò a se stesso. Milioni di persone hanno dei bambini, circa metà dei quali sono delle femmine che crescono per bene e sono esseri sensibili, si rimproverò. Diavolo, alla nascita di Chris c’era stata qualche complicazione ma sia sua moglie che suo figlio le avevano superate benissimo, ricordò a se stesso. Il suo bambino era una testimonianza della tempra umana, un miracolo straordinario che ogni giorno lo colpiva. Avrebbe affrontato tutto, avrebbe dovuto farlo. Lui già amava alla follia questo suo bambino non ancora nato.

Con un respiro profondo prese la mano di Anastasia e ne baciò il dorso, perdendosi nella luce scintillante del suo sguardo. Lei era in lacrime, ma sembrava entusiasta.

“Una bambina”, sussurrò, ammiccando verso di lui e lasciando che le lacrime di felicità le scorressero lungo la guancia. Lei cercò il suo sguardo, e lui si rendeva conto che lei stava cercando di capire la sua reazione.

Lui non pensava nemmeno di prendersi in giro illudendosi che la dottoressa potesse essersi sbagliata. La dottoressa Malone aveva anni e anni di attività alle spalle e aveva sviluppato un sesto senso per il suo lavoro, quel tipo di conoscenza intrinseca che può essere raggiunto  solo con tanta esperienza. Non solo sarebbe stato di nuovo papà, ma questa volta sarebbe stato il padre di una bambina, preziosa e fragile e sua, in ogni modo possibile.

Avrebbe vissuto tutto quello che aveva perso alla nascita di Chris, tutto ma anche un terribile terrore cieco. Non che si fosse mai abbandonato al rimpianto, ma era assolutamente felice di avere una seconda possibilità. Nonostante le perplessità di Ana, lui non aveva dubbi sul fatto di essere colpevole almeno quanto lei, se non di più, per le ragioni che avevano indotto sua moglie a rompere il matrimonio e ad andarsene. Grazie al cielo erano tornati insieme e lui avrebbe fatto il possibile per recuperare il tempo che avevano perduto. Sì, questo piccolo germe di gioia sarebbe stata contemporaneamente la sua vita e la sua morte.

Sentendo la sua angoscia lei gli prese tra le mani il viso, inclinando la testa. “Tu sarai un padre meraviglioso, proprio come lo sei per Chris. Non dubitare di te stesso” gli sussurrò per rassicurarlo, con un atteggiamento in cui lui avvertì l’amore che lei gli portava solo perché per lui era la stessa cosa.

Lasciò andare quel respiro che aveva trattenuto e non per la prima volta fu costretto ad ammettere che entrambe le sue ragazze mettevano a serio rischio il suo autocontrollo, e una di loro non era nemmeno ancora nata. Sarebbe stato molto più facile se avesse potuto tenerle solo per se stesso, in modo che non potessero farsi male. Dannazione, pensò, la temerarietà delle donne della sua vita era pazzesca!

Ana gli fece scorrere il dorso della mano lungo la mascella, riportandolo alla festa di San Valentino. “Stai pensando al bambino?” gli chiese gentilmente.

Sorridendo, lui la guardò. “Colpevole” si limitò a dire, chiedendosi come facesse a saperlo.

“Lo immaginavo”. I suoi occhi ridevano di lui, lo prendevano in giro, e lui si accorgeva che Ana faticava a non lasciarsi andare ad un sorriso.

Alzò un sopracciglio, curioso. “Come hai fatto, Mrs. Grey?” Per buona misura, lui le fece scivolare una mano sotto il braccio, con le dita pronte a farle il solletico, come ulteriore incentivo a convincerla a vuotare il sacco e a smettere di prendersi gioco di lui.

Lei lo ricompensò con quella sua dolce risatina, contorcendosi sotto la minaccia delle sue dita. “Avvertivo la tensione in tutto il tuo corpo!”, esclamò. “E’ solo una bambina, te ne rendi conto, vero?”

Cazzo, sì che lo sapeva! Fin troppo bene. Ecco perché era preda di un’agghiacciante trepidazione ogni volta che il pensiero gli attraversava la mente. Era chiaro che lei continuava a prenderlo in giro e meritava una piccola punizione. Con un rapido movimento la fece rotolare sotto di lui, le bloccò le braccia sopra la testa con una mano e con l’altra cercò i punti in cui lei era più sensibile.

Lei si dimenava e combatteva, scalciava e ridacchiava, col solo risultato di incitarlo a continuare. Come amava quella risatina, e come amava renderla felice.

“Pietà, pietà!” ansimò. “Sono incinta, potrei fare la pipì!” lo supplicò di smettere, facendolo ridere ancora di più, e allora lui cedette, accarezzandole il seno. Lui le sorrise e sentì il modo in cui il suo petto si alzava e si abbassava per i respiri accelerati: era così viva, così calda.

“Adoro quella risatina, Mrs. Grey”. Queste parole appena sussurrate sembravano molto più gravi e intense di quello che lui intendeva, soprattutto alla luce del gioco scherzoso cui si erano appena lasciati andare, ma – come succedeva sempre – i suoi sentimenti per lei prendevano il sopravvento e lui ne avvertiva il peso nella profondità del cuore. Era un peso piacevole da portare; lui sapeva bene come si sarebbe sentito vuoto senza, ma rifletteva anche su quanto era profondamente preso da lei, su quanto lei totalmente lo possedeva.

In risposta l’espressione di lei mutò e il sorriso svanì, mano a mano che si rendeva conto dei sentimenti che lui provava e doveva ammettere con se stessa di avvertire anche lei la profondità del loro amore. A volte semplicemente non c’erano parole. Si guardarono l’un l’altro, intimoriti, e a lui stava di nuovo tornando duro. Il vedere l’amore che lei provava per lui gli aveva sempre fatto quell’effetto.

Svanito quel momento, le rivolse un malizioso sorriso. “Non hai ancora visto il piano superiore della casa”. Si chinò verso di lei e fece scorrere il naso lungo il suo. “E dato che sei stata così cattiva e mi hai preso in giro, penso che una punizione potrebbe starci bene”.

Prima che lei potesse mordersi il labbro fu lui a farlo, tirandole dolcemente in fuori il labbro inferiore. Ancora una volta lei fu scossa da un tremito, confermando ciò che lui già sapeva. Lei apprezzava il loro “sesso vizioso” tanto quanto lui, lo desiderava ancora, e – cazzo – lui lo sapeva, era felice di costringerla a farlo. La cosa, fra l’altro, si adattava molto bene con i suoi piani.

Con la sua solita grazia felina lui si alzò e la tirò su con sé. Si chinò a raccogliere la coperta, gliela avvolse intorno e la sollevò tra le sue braccia. Il picnic poteva aspettare. In questo momento, desiderava solo di stare all’interno di sua moglie.

Tenendola tra le braccia affrontò le scale facendo due gradini alla volta.  Lui voleva che lei vedesse il piano di sopra e soprattutto la stanza del bambino, ma potevano farlo dopo. Con pochi lunghi passi si portò al centro del suo studio, appena fuori dal pianerottolo della scala. Delicatamente la posò a terra, assicurandosi che lei fosse ben salda in piedi prima di lasciarla andare, e continuò a guardarla con intensità.

Lei si teneva la coperta stretta come un asciugamano, mentre si guardava attorno. “Wow, è stupefacente, Christian”. Gli sorrise da sopra la spalla mentre faceva scivolare la punta delle dita lungo la parete di libri, toccandone il dorso con il suo tocco leggero.

“Grazie. Sono felice che tu approvi, Mrs. Grey”, disse con voce bassa, quasi cantilenante. Anche se in questo momento era qui nella stanza con lei, nella sua mente stava già fottendola. Sentiva il suo sguardo farsi pesante, mentre la guardava muoversi per la stanza nella quale, in futuro, avrebbe trascorso molte ore di lavoro. E di gioco, aggiunse silenziosamente e perfidamente, tra sé e sé. “Vedi qualcosa fuori dal normale?”, le chiese mentre faceva scivolare un dito sotto il bordo della coperta, nella parte che le copriva la schiena, tirandola. Voleva vederla, vederla tutta, vedere tutte quelle curve fantastiche avvolte in quel nulla che indossava.

La coperta cadde e lei si voltò verso di lui, pudica e deliziosa – una combinazione che lo faceva sempre sbavare di desiderio. “No”, rispose lei, con un tono altrettanto eccitato. “E’ bello, ma hai sempre avuto un gusto eccezionale e la cosa non mi sorprende”.

Si allontanò dalla scrivania e fece un passo verso di lei, facendo scorrere gli occhi lungo i contorni sexy del suo corpo. “E’ vero, io ho un gusto fenomenale, cazzo”, disse con eccitazione, scuotendo la testa mentre toccava i suoi seni appesantiti, già aumentati di almeno una misura per la gravidanza, e la piccola pancia tesa. Cazzo, era contento che lei non si lamentasse di essere ingrassata, come fanno alcune donne gravide. Era davvero come una pesca matura, incandescente, succosa e deliziosa. Era davvero una mamma sexy. Unf! Quelle gambe tornite, e lui non poteva dimenticare cosa c’era tra di loro. Sì, il suo gusto era oltremodo eccezionale, e non aveva a che fare solo con l’arredare il suo studio.

Sentì che lei sussultava alle sue parole lascive e non poteva biasimarla. Era sicuro di sembrare un lupo affamato, pronto a balzarle addosso e a sbranarla. Si sentiva dannatamente affamato di lei. Lui era stato dentro di lei solo trenta minuti prima, ma stava di nuovo morendo di desiderio – come la cerniera tesa dei suoi pantaloni poteva attestare. Non riusciva a smettere di guardarla, non che volesse farlo, e il suo vezzoso arrossire gliela faceva solo desiderare ancora di più.

Sono un maniaco, pensò. Aveva agito  in modo subdolo e calcolato. Lei era del tutto nuda e lui invece era completamente vestito, e sapeva che in questo momento lei era totalmente vulnerabile. Faceva tutto parte del piano che aveva deliberatamente messo in atto per far aumentare l’eccitazione di lei. Sentì che l’aria intorno a loro era carica delle scintille della loro attrazione elettrica, ed era chiaro che lo avvertiva anche lei. Avrebbe scommesso la sua vita che era bagnata fradicia per lui in questo momento. Hmmm, pensò, niente di meglio di sua moglie bagnata e pronta per lui.

“Spingi il primo libro della fila più in alto con il palmo della mano”, le disse, indicando il lato sinistro della libreria. Certo che avrebbe potuto comportarsi da gentiluomo e farlo da solo, ma così si sarebbe perso la fantastica vista del suo culo.

Lei spalancò gli occhi che, se lui non si sbagliava, brillavano per l’eccitazione. Sì, aveva scatenato quel micetto birichino che era in lei. Lei sorrise con il suo sorriso malizioso e si diresse verso l’angolo della stanza, seguendo le sue istruzioni. Con un rumore smorzato la parete cedette, girandosi su se stessa per rivelare uno spazio scarsamente illuminato. Lei non esitò né vacillò, ma entrò in quel luogo segreto che era quasi una replica perfetta della stanza dei giochi all’Escala. Automaticamente il sistema audio entrò in azione e partì la playlist che lui aveva scelto per la serata.

Proprio come la prima volta che lei era entrata nella sua stanza dei giochi, lui sentì che lei tratteneva il respiro, ma questa volta poteva percepire che non era per l’apprensione ma per l’eccitazione. Lui la seguì all’interno della stanza, guidandola con la mano appoggiata ai suoi fianchi. Ora, questa era la loro sala giochi, non solo la sua.

“Ti piace?” Le chiese con un sussurro agitato prima di abbassare la testa nell’incavo del suo collo per sentire il suo profumo. Fanculo! Lei aveva un buon odore: di sesso, di prato e di donna.

“Sìii” rispose lei con voce roca, lasciando ricadere la testa sulla sua spalla.

“Bene” sussurrò lui, godendosi in anticipo quello che stava per succedere. Le morse il lobo dell’orecchio e fece scorrere le mani su per le braccia di lei, per sentire la sua pelle d’oca. Come conseguenza lei rabbrividì, e lui le appoggiò contro la schiena la sua erezione. “Voglio che sia come quella prima volta. Ti ricordi, Anastasia?”

Lei aspettò un momento prima di rispondere, deglutendo per controllare la deliziosa miscela di paura e di eccitazione di cui era preda. “Sì”, si limitò a rispondere con voce appena udibile, quasi un sussurro che lo fece rabbrividire a sua volta.

Oh cazzo, sì! Era così pronto a questo, in realtà non voleva altro che la sua dolce sottomissione, il dono del suo corpo che bramava. Lentamente e deliberatamente spostò le mani dai suoi fianchi e le afferrò i seni. “Pensi che sia bello prendere in giro tuo marito? Prenderti gioco di lui?”

Lei scosse la testa, appoggiata contro la sua spalla. “No” ammise con un respiro irregolare.

“No, cosa?” Le ricordò, pizzicandole i capezzoli che spuntavano attraverso le fessure del suo reggiseno.

“No, signore”.

“Brava ragazza”. Come premio giocherellò con i suoi seni polposi, facendola gemere. “Dimmi, baby, sei bagnata per me?”

“Sìii, signore”, sibilò lei. Il suo respiro era affannato. Lui sapeva già che lei era pronta per lui e la cosa lo eccitava ancora di più, ma avevano tempo, un sacco di tempo, e intendeva usarlo bene.

“Brava ragazza”. Spinse le strisce del suo vestito giù dalle spalle, e fece scivolare l’elastico fino ai fianchi. Si lasciò cadere in ginocchio dietro di lei poi trascinò l’abito giù, lungo tutte le sue gambe. Obbediente, lei ne uscì fuori quando lui le toccò prima un piede e poi l’altro. Il suo culo perfetto era proprio di fronte a lui, e lui non sarebbe stato un uomo se non avesse trascorso qualche ora a giocarci.

Lui prese una natica in ogni mano e palpeggiò la carne, quella perfetta combinazione di morbidezza e tonicità. “Così fottutamente sexy. Sai cosa mi fai, Anastasia?” Con mani ferme lui separò le natiche, esponendo il suo culo. Lei si stava domandando cosa lui avesse mai programmato, l’incertezza aggiungeva solo una deliziosa aspettativa.

“No, signore” balbettò, già un po’ traballante per la tensione crescente.

Rapidamente lui si alzò, le girò un braccio intorno alla vita e la tirò più vicino, spingendo la sua eccitazione dolorosamente duro contro la schiena di lei. “Tu me lo fai indurire, baby. Me lo fai venire così dannatamente duro”.

Lei emise un suono, appena un miagolio, mentre cedeva ulteriormente al suo incantesimo di Dominatore, ma si fermò subito, interpretando alla perfezione il suo ruolo. Lui avvicinò le dita al suo monte di Venere, poi le immerse nelle sue pieghe scivolose. “Farai la brava e urlerai il mio nome se ti faccio venire?”

Lei si mosse convulsamente contro di lui, già sull’orlo dell’orgasmo. Wow, pensò, intimorito ancora una volta. Era fottutamente fantastica.

Per un momento lei si dimenticò di tutto, e dimenticò il ruolo che stava interpretando. “Christian. Per favore!”

Amava i momenti in cui lei aveva tanto bisogno di lui, in cui lo desiderava così totalmente. “Che cosa vuoi, baby?”, le chiese come se non lo sapesse, ma voleva sentirglielo dire. “Dimmelo”.

Obbedendo, lei gli rispose in fretta. “Ti voglio. Ti prego, fottimi, signore”.

“Presto, baby, molto presto”, le promise. Lui le afferrò i capelli sulla nuca e le fece inclinare il viso verso di lui. Si impadronì della sua bocca – con un bacio possessivo, alimentato dalla potenza del suo desiderio. Quando si staccò, erano entrambi ansimanti. Lasciò cadere le braccia, liberandola dalla sua presa. “Fammi vedere come devi sederti, come devi aspettare il mio arrivo”.

Con grazia lei cadde in ginocchio appoggiandosi sui talloni, aprì le gambe e abbassò lo sguardo.

Cazzo Santo!Così perfetta. “Brava” la lodò, e la sua erezione aumentava mentre camminava intorno a lei, che aveva assunto il ruolo di sottomessa. Infilò una mano nella tasca dei pantaloni e recuperò la catena di diamanti a forma di Y. Sarebbe stata fantastica con indosso nient’altro che una serie di delicate gemme rosate.

“Buon San Valentino, Mrs. Grey”. Lui le allontanò i capelli dalla base del collo e con le sue abili dita fece scattare la chiusura della collana.

La mano di lei volò alla scollatura e toccò istintivamente la lunga fila di pietre che correvano tra i suoi seni nudi. “Christian”, si limitò a dire, senza fiato, guardandolo mentre si era spostato al suo fianco.

“Hhhmmm” mormorò di nuovo – in segno di apprezzamento, con un suono roco che gli usciva come un brontolio dal petto. Le pietre non solo aggiungevano luminosità alla sua scollatura, ma erano come un faro che reclamava il suo tocco. La prese per mano, aiutandola ad alzarsi. “Ti piace?”

Si rendeva conto che lei non riusciva a trovare le parole. Quella collana era veramente un pezzo eccezionale, reso più bello ancora da chi lo indossava. “Io …” lei deglutì, guardando verso il basso. “Mi piace. E’ fantastica. Grazie”. La sincerità emergeva con evidenza dal suo sguardo, così come un po’ di smarrimento. Lei non era mai stata a suo agio quando lui spendeva dei soldi per lei, anche se non si trattava di non grandi somme, ma se non poteva viziare sua moglie non c’era alcun senso in tutto il duro lavoro che faceva. E lui, cazzo, amava viziarla.

Non aveva bisogno di un grande gesto, non voleva niente da lei, in cambio, ma solo che lei si rendesse conto di quanto l’amava. Se poteva riuscire a dirlo con dei diamanti, o con qualsiasi altra cosa, ne avrebbe volentieri comprato delle tonnellate.

Per la seconda volta lei smise di giocare al loro gioco, si spinse verso l’alto sulla punta dei piedi e lo baciò. Non i baci infuocati che avevano condiviso poco prima, ma un bacio dolce, con dolci ringraziamenti. Le sue labbra indugiavano su quelle di lui mentre lui con gratitudine e  con gioia accettava la sua gratitudine, ma non gli bastava. Di lei, non ne aveva mai abbastanza. Lui se la avvolse tra le braccia, tirandola a sé, e approfondì con voracità il loro bacio.

Questo, proprio adesso e proprio qui, era la fottuta cosa che dava un senso alla sua vita. Avrebbe potuto sopravvivere sulla sua sola bocca. Questo significava quanto lei lo colpiva e quanto lui la desiderava, ogni momento. Il suo bisogno di lei lo prese con rinnovata forza, spingendolo ad agire.

Con cautela camminò all’indietro portandola con sé, finché le cosce di lei si appoggiarono al bordo della scrivania. “Adesso sto per fotterti, Mrs Grey. Sei pronta, baby?” Lei annuì freneticamente, le loro bocche erano ancora unite quando lui la sollevò sul tavolo. Voleva che lei fosse distesa, distesa e legata in modo da poterla scopare come voleva. Aveva un bisogno disperato di sentire ogni centimetro del suo corpo, non desiderava altro che vederla venire per lui.

Le fece appoggiare il culo sul bordo della scrivania poi la spinse dolcemente verso il basso, facendola sdraiare sulla schiena. “Apri le gambe e piega le ginocchia, baby”. Gli piacque a non finire il fatto che lei gli obbedì rapidamente, e altrettanto rapidamente lui le legò ogni caviglia ai due angoli più vicini a lui. “Solleva le braccia, baby. Aggrappati al bordo superiore e non mollare. Ho bisogno di fotterti con durezza”.

Cazzo Santo!

Emise un gemito guardandola mentre giaceva pronta per lui e annuiva. Era uno spettacolo guardarla. I suoi seni erano spinti verso l’alto, e quelle due splendide montagnette con i capezzoli ritti come lamponi, che reclamavano l’attenzione dei suoi denti, erano del tutto a sua disposizione. Con le gambe spalancate, il suo sesso era aperto per lui, così gonfio, arrossato per il desiderio, scintillante nella luce fioca. Poteva già immaginarsi a giocare con lei, facendo scivolare la testa del suo pene lungo quella fessura bagnata prima di penetrarla.

“Sei comoda?” le chiese con calma, mantenendo sotto controllo il suo desiderio perché durasse di più.

“Sì”, rispose lei con voce roca, e per confermare le sue parole sollevò i fianchi, per incitarlo a penetrarla.

Guardò fisso il suo sesso e fece scorrere i denti sul labbro inferiore, combattuto e indeciso per un attimo. Quella delizia tra le gambe di lei richiamava la sua attenzione e ora voleva assaporarla e fotterla. Al meglio in tutti e due i modi, decise. Prima assaporarla, poi scoparla. La scrivania era l’altezza ideale per le sue esigenze. Se si metteva in ginocchio, il suo volto sarebbe stato al livello dell’apice delle cosce di lei, e se si alzava sarebbe stato nella posizione perfetta per penetrarla..

Sì, si sarebbe preso un assaggio della sua carne gocciolante, ma lei era vicina all’orgasmo e lui non aveva intenzione di lasciarla ancora venire. Cadendo in ginocchio soffiò sulle sue pieghe, solleticandola con il suo respiro. Lei non poteva muoversi molto per il fatto che era legata, ma riusciva a sollevare i fianchi, cercando di avvicinarli di più a lui.

Osservò il suo viso mentre spingeva la lingua nella sua apertura, stuzzicandola con la sua penetrazione poco profonda. Lei trasalì, quasi come se provasse dolore, e si morsicò il labbro con i denti nel tentativo di trattenersi, ma lui sapeva che lei era persa nel piacere. Per il momento almeno era rimasta in silenzio, aspettando che lui decidesse quando farla venire.

Lui non aveva intenzione di torturarla per lungo tempo, e per la verità non poteva neppure farlo. Stava già perdendo del liquido seminale, il suo membro pulsava ed era diventato più grosso per il desiderio di lasciarsi andare. Ma lei aveva un sapore così buono, e lui amava il fatto che si fosse copiosamente bagnata per lui.

Questo sapore doveva condividerlo con lei. Si alzò e si chinò su di lei, cercando la sua bocca per farle assaggiare il sapore del suo desiderio per lui. Lei lo leccò avidamente, godendosi la violenza di quel bacio mentre lui si stringeva con forza a lei  accarezzandole i seni. E con questo lui perse ogni controllo. Si allontanò un attimo da lei, aprì la lampo dei pantaloni e in pochi secondi appoggiò il suo membro contro il sesso di lei. Eccitato, pronto e duro come l’acciaio. Lui non sarebbe stato in grado di resistere a lungo, tutto di questa scena lo eccitava e per giunta anche sua moglie era eccitata al massimo e lo stava pregando di farla venire.

Cazzo, sì, questo era davvero il paradiso, pensò con quel po’ di razionalità che gli era rimasta mentre faceva scivolare la sommità del suo membro lungo l’apertura di sua moglie. La musica era suggestiva, il ritmo era perfetto per quel momento e sua moglie gridò, invocando il suo nome come una sorta di implorazione: “Christian!”

Lui non aveva bisogno di ulteriore incoraggiamento e girando i fianchi si spinse in profondità dentro di lei. “Cribbio! Cazzo!” urlò. Lei si era già stretta intorno a lui, i suoi muscoli interni si erano avvinghiati a lui e la cosa era così dannatamente eccitante.

Si sentiva così fottutamente bene che avrebbe voluto trascorrere giorni sepolto dentro di lei. Lui piegò le ginocchia, modificando l’angolo della penetrazione per arrivare a colpire il suo punto più sensibile, e lei, a sua volta, iniziò subito a girare la testa da un lato all’altro. Lei pronunciò una serie di parole incomprensibili, quasi dei grugniti incoerenti mentre si avvicinava sempre più all’orgasmo, e anche a lui non mancava molto.

Il solo guardarla lo eccitò ancora di più. Per lui, era la cosa più eccitante al mondo: i suoni che lei articolava, i suoi profumi, il modo in cui la sua vagina lo avvolgeva e il modo in cui il sesso le faceva perdere ogni controllo. Lei non si mostrava mai così a nudo come nei momenti in cui stava per venire, e questo era uno di quei momenti perché lei stava per godere.

“Vieni per me, baby” urlò, afferrando uno dei seni di lei che sobbalzavano mentre lui, con la punta delle dita, tracciava cerchi veloci sul suo clitoride. Lui avvertì una straordinaria tensione e sentì l’onda d’urto dell’estasi che gli si propagava lungo la spina dorsale e attraverso il suo membro. Le sue palle si tesero e infine lui esplose, rilasciando violentemente il suo sperma all’interno di lei.

“Caaaazzzooo!” ringhiò, emettendo un grido primordiale mentre venivano insieme, felice per il fatto che avevano tratto piacere l’uno dall’altro.

Questo sarebbe stato un San Valentino da ricordare …

3 thoughts on “Meandro di San Valentino seconda parte

  1. Irma says:

    Anch’io dico WOW capitolo bellissimo grazie Paola!!!

    Like

  2. Irma says:

    Grazie anche a Monique che ci regala sempre storie bellissime con i nostri beniamini Ana e Christian.

    Like

Leave a reply to Irma Cancel reply